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Scritti e Materiale Vario di Sergio Dalmasso - Quaderni CIPEC
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Ricordo di Luigi Dalmasso
Ottobre
2011
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Luigi Dalmasso, ricordo
Quando una persona se ne va, soprattutto se questo avviene improvvisamente, si affollano pensieri, ricordi, emozioni.
A me è successo più volte, a causa dell’età o di una militanza (usiamo ancora questo termine) che dura, oramai, da quasi quarantacinque anni, ricordare persone che sono scomparse, a cominciare dall’amico Alessio Revelli, a Boves, nel 1990, sino, lo scorso anno, a distanza di sei giorni l’uno dall’altro, Giampaolo Valt e Gianni Abbadessa.
Ogni volta nasce un imbarazzo, quasi un senso di colpa, dato dall’essere in vita quando, per altri, questa (Catullo diceva brevis lux) non c’è più e per sempre.
Ho conosciuto Luigi oltre quarant’anni fa. La prima immagine è quella di lui come maestro.
Erano quelli anni di grande crescita e trasformazione della scuola, di messa in discussione di metodi e contenuti che, per decenni, erano parsi intoccabili. La Lettera a una professoressa della scuola di Barbiana, letta d’un fiato,aveva avuto su noi un impatto lacerante; importanti erano gli scritti e la attività di Mario Lodi (Il paese sbagliato, C’è speranza se questo accade a Vho):
Distruggere la prigione, mettere al centro della scuola il bambino, liberarlo da ogni paura, dare motivazioni e felicità al suo lavoro, creare intorno a lui una comunità di compagni che non gli siano antagonisti, dare importanza alla sua vita e ai sentimenti più alti che dentro gli si svilupperanno.
Mario LODI, Il paese sbagliato, diario di un’esperienza didattica, Torino, Einaudi, 1970.
E quante discussioni dopo il film televisivo sul Maestro di Pietralata che ci diceva come la scuola dovesse partire dalle conoscenze dirette, dalle esperienze, dal contesto familiare e sociale degli alunni e delle alunne!
Luigi lavorava in questo ambito. Maestro a Spinetta e a Cuneo lavorava per una scuola attiva, per costruire il tempo pieno, per la partecipazione delle famiglie per responsabilizzare le classi che gli erano affidate. Partecipazione era, allora, la parola più usata.
Anche a Cuneo, si era formato il Movimento di cooperazione educativa (MCE) ed anche a Cuneo era nata e cresciuta, come elemento profondamente innovativo, la CGIL scuola. Ricordo le tante riunioni, le discussioni che duravano ore: lo stato giuridico degli insegnanti, la riforma della scuola, data tante volte per prossima, i decreti delegati. Ancora gli interventi ai congressi; in uno, a fine anni ’70, Luigi aveva suscitato polemiche e qualche mugugno, chiedendo un impegno “totalizzante” dei/delle docenti.
Quindi, il PCI, partito che, nella prima metà degli anni ’70, cresceva, interpretava le esigenze di cambiamento, sociale, politico, istituzionale, morale, di tanta parte della società. Questo accadeva anche a Cuneo, dove il partito rompeva gli steccati, raccoglieva, a differenza dei decenni precedenti, settori importanti dell’intellettualità cittadina, delle professioni, del mondo cattolico.
Luigi viveva questa crescita, i successi elettorali (1974 referendum sul divorzio, 1975 amministrative, 1976 politiche), le feste partecipatissime, le sedi che, per una breve fase, si erano moltiplicate in città. Poi, anche, le difficoltà, il vento che nella seconda metà del decennio e ancor più in quello successivo, si modificava nella società, nella politica, nella cultura. Negli anni ’80 era segretario della sezione di Cuneo, precedendo un’altra figura che molto ci manca, Mario Soglio, e svolgeva l’incarico con impegno e continuità. Non senza delusioni: la non elezione, per due volte, alla carica di consigliere comunale, ma, ancor più le trasformazioni,il cambiamento del partito in cui non trovava più parte di quelle motivazioni che aveva vissuto nei decenni precedenti.
Dopo lo scioglimento del PCI, ad inizio 1991, lo avevo incontrato in piazza Galimberti e avevamo parlato a lungo. Continuava a ripetermi Il cerchio si chiude, alludendo a premesse e scelte degli anni precedenti che avevano portato a quel risultato, a quel vuoto. Lo preoccupavano e colpivano, soprattutto, in quella fase, il progressivo sdoganamento politico del fascismo, le riabilitazioni, i giri di valzer di tanti intellettuali con esponenti del MSI e dell’estrema destra. Ancor più, in seguito, sarebbe stato colpito dalla presenza di queste formazioni nei governi e dalle affermazioni sui Ragazzi di Salò.
Se vale un piccolo ricordo personale, il passaggio del MSI da piccolo (localmente) partito di minoranza a formazione influente sulle maggioranze locali e nazionali, suscita lacerazioni in tanti antifascisti ed ex partigiani. Sono a Mondovì, nell’autunno 1993, il pomeriggio dello spoglio per le elezioni comunali. I fascisti in comune!, I fascisti in comune!, mi ripete ossessivamente l'amico Umberto Oggerino, alludendo all’ingresso nel ballottaggio della coalizione che comprende, per la prima volta, il MSI. Determinante in questo antifascismo totale e senza compromessi, l’esperienza familiare: il padre, Giuseppe, arrestato a Cuneo nel 1943, era scomparso a Gusen 1, nei primi mesi del 1945.
Ancora un aneddoto personale. Circa dieci anni fa, la sera del 24 aprile, un tremendo temporale impedisce, a Cuneo, lo svolgimento della tradizionale fiaccolata. Passando davanti al parco della Resistenza, incontro Luigi che inveisce contro chi ha deciso di non tenere il corteo (in quelle condizioni!), spostando l'intera l’iniziativa al teatro Toselli. Con Luigi, Marcello Faloppa e altri/e, avevamo tentato, nel 2001, la costruzione del circolo Sinistra oggi, “ponte” tra chi aveva compiuto scelte organizzative differenti. Ci incontravamo a Fossano, nella vecchia sede della vecchia Società operaia. Luigi, a quanto ricordo, più di ogni altro, aveva contribuito a scrivere lo statuto della associazione che avrebbe svolto attività sino al 2004.
Quindi, Rifondazione, nelle note difficoltà, nella piccola spartana (ieri e oggi) sede di Via Saluzzo, nel palazzo che ci è molto caro anche perché fu sede del PCI clandestino, in un intreccio di esperienze, storie, linguaggi, riferimenti diversi, ma che era bello cercare di fondere, sintetizzare, valorizzare per tentare la sintesi fra la grande, anche se contraddittoria, storia alle nostre spalle e le emergenze di un mondo in cui si aprivano nuove e drammatiche contraddizioni.
Dal 1993 al 1996 era segretario del circolo di Cuneo. Collaborava soprattutto al giornalino mensile che Andrea Patrone puntualmente ciclostilava e che mandavamo a centinaia (poi migliaia) di indirizzi.
Nel 1995 diveniva consigliere comunale nella lista Cuneo Viva che vinceva le comunali. Commissioni tutti i giorni perché, se si manca a queste non si è preparati in Consiglio. Era in maggioranza nel primo anno, sino alla rottura (1996), dovuta ad alcune scelte amministrative, ma soprattutto alla presenza in Giunta della Lega nord che aveva proclamato l’indipendenza della Padania e costituito il parlamento di Mantova.
Nelle successive elezioni comunali, manteneva questa posizione critica, candidandosi in una lista civica guidata da Roberto Baravalle e di cui facevano parte Salvatore Vecchio e Marinella Morini, altra persona che ci manca molto e la ribadiva, nel 2002, essendo capolista nello sfortunato tentativo della lista Sinistra alternativa.
In un breve video, passato in alcune reti televisive, presentava questa lista non tanto su temi, contenuti, ma come composta da persone semplici, che lavoravano, che non pensavano a cariche, onori, vantaggi personali. Erano parole simili a quelle che avrebbe usato, nel cimitero di Confreria e S. Pio, per l’orazione funebre a Pietro Palmero, esemplificazione di quello che un tempo avremmo chiamato militante di base, le stesse, ancora, usate durante la presentazione del libro su Giovanni Barale, segretario del Partito comunista illegale, ucciso, con il figlio Spartaco, nella battaglia di Boves.
Luigi scriveva bene, in modo preciso, elegante, forbito, un po' ricercato. Lo ricordo con l’immancabile pipa (Se in sede non si può fumare, me ne vado) e con la stilografica, cosa oggi molto inusuale, che estraeva sempre dalla tasca della giacca, dicendo: Con la stilografica si scrive molto meglio, è tutta un’altra cosa.
Luigi ha scritto un libro di versi, trascritto una raccolta di leggende, racconti, fiabe, Piccole storie di servan, masche e diavoli, ha raccolto e introdotto, in uno dei quaderni del CIPEC, le lettere che, dal confino, Giovanni Barale scriveva alla moglie e ai figli, ancora, in una collana sulla Resistenza cuneese e nel volume dedicato ai garibaldini, una breve biografia dello stesso Barale. Ancora le decine e decine di articoli su tanti giornali cuneesi, in particolare su quelli di partito e per decenni, sul settimanale “La Masca”.
Negli ultimi anni, Luigi si era chiuso, quasi isolato. Pesavano le condizioni di salute, il suo carattere introverso, ma anche le delusioni per la situazione complessiva, lo sdegno per le sconcezze che ci circondano, per il degrado della politica, che per noi resta parola bella e alta, per la trasformazione del ruolo e della funzione dei partiti. L’ho più volte, invano, invitato a nostre iniziative, soprattutto a quella, non retorica e non auto celebrativa, per i vent’anni di Rifondazione. Abbiamo scritto per tutti e tutte coloro che hanno contribuito alla nascita del PRC, qualunque scelta abbiano compiuto in seguito, un piccolo “diploma”. Luigi non è mai passato a ritirarlo e sarà nostro dovere portarlo alla famiglia.
L’ho visto l’ultima volta parecchie settimane fa, sotto i portici del palazzo della Provincia, una mattina di sole. La pipa, i giornali sotto braccio, il sorriso un po' scettico. Fate bene, ma…, Sì, è giusto, però… Il solito disgusto, esteso a largo raggio, per l’andazzo corrente. Lo saluto oggi, come quel giorno: Ciao Luigi, fatti sentire.
Cuneo, ottobre 2011
Sergio Dalmasso
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